IL GRANDE DIO PAN

et ego in Arcadia vixi  

 Una delle figure più tipiche dell'antichità classica è senza dubbio quella di "Pan", o "Pane", misteriosa divinità dei boschi che, in epoche più tarde, venne a identificarsi con la totalità stessa dell'universo.
Ma chi era in realtà Pan? Nel mito egli nacque dall'unione del Dio Ermes con Driope, la "Ninfa della Quercia". Ermes pascolava delle pecore in Arcadia quando, veduta che l'ebbe, se ne innamorò e la possedette: dal loro incontro nacque il piccolo dio, metà animale e metà umano, dal viso ispido e barbuto, colmo di una precoce saggezza, ma anche di un'allegria indiavolata. La madre fuggì al solo vederlo lasciandolo a Ermes che, avvoltolo in pelli di lepre, lo portò nell'Olimpo dove piacque a tutti, soprattutto a Dioniso. Fu chiamato " Pan " perché " tutti " ne avevano piacere.

Occultamente qui Ermes, Mercurio, il " messaggero degli dei ", è un simbolo per la coscienza dell'Adepto che, spostandosi nelle varie Sedi o Divinità del corpo, realizza diverse forme di esperienza sottile della realtà. Dal contatto della coscienza spirituale con l'entità fluida, "femminile" e impersonale che ha il nome di Ninfa (da "nympha" o "lympha", l'energia vitale delle piante che è posta sotto il segno della Luna) nasce il desiderio, che è appunto Pan.

La nascita stessa, privandolo della madre, che "fugge" perché gli elementi fluidi, inconsci, della personalità vengono "fissati" dalla coscienza che li distrugge, inglobandoli tutti in sé (Pan), lo pone già sotto un segno maschile, attivo, anche se il suo aspetto è in realtà duplice. Pan infatti era Androgino, riunendo in sé la coscienza, la saggezza, l'essere dell'uomo (il vecchio) e l'incoscienza, l'ingenuità, la natura della donna (il bambino): il lato animale e divino della creazione, la sintesi degli opposti, con forme duplici di coscienza ignote ai singoli.

Ermes, la coscienza, lo riconosce e lo fa suo, avvolgendolo in pelli di lepre (un simbolo per l'Ermafrodito) e portandolo "in alto", fra gli dèi olimpici, perché il desiderio illuminato tende sempre verso l'alto, dando vita a tutte le forme spirituali superiori, che esistono solo in lui e attraverso di lui.

La sede naturale del dio erano i luoghi deserti e solitari dove aleggiava una presenza silenziosa e potente, paurosa, sensuale, che provocava desiderio (l'uomo), ma anche sottile, melodiosa e irresistibile, che attraeva come per incanto (la donna).

I pastori e i contadini lo veneravano perché la sua natura ermafrodita favoriva la fertilità delle piante. Pan era quella realtà trascendente che provocava paura, perché l'infinito è pauroso agli esseri umani (il timor "panico"), ma anche desiderio, eccitazione sensuale ed estasi lirica e musicale, armonie ottenute dalla sintesi misteriosa tra anima e corpo.

Le sue cacce e le danze sui campi con le Ninfe simboleggiavano la coscienza dell'Adepto che, immersa nella natura, "fissa" e possiede gli elementi inconsci della personalità, dando loro un ordine, un'armonia spirituale. La stessa figura del dio è una serie di simboli a cominciare dalla testa che, munita di corna, orecchie a punta, barba ispida e viso di capro, è detta " ferina " e mostra l'unione tra spirito e materia nella sua forma originaria, primordiale.

Le due corna, innanzitutto, significano la santità, come nei profeti, ma è una santità diversa, materiale, di una spiritualità immersa nella terra, che crea nella materia, come un demiurgo antico. La posizione ai lati della fronte, nei punti del volere, esprime la volontà di realizzarsi in senso fisico, materiale, incarnare materialmente il proprio essere. Il loro numero, il Due o "dia" (da cui l'aggettivo "diabolico"), la loro forma ramificata in foggia di Cervo (un simbolo per l'iniziazione), significano divisione e frammentazione, ma nel senso vero di moltiplicazione, di amplificazione in un'unica immagine, realizzando un'eternità che, sulla terra, si esprime solo nell'indefinita molteplicità degli esseri e delle forme. Da qui anche il carattere creativo e fecondatore, fallico, del dio. La barba esprime saggezza, ma il naso camuso, le orecchie a punta, le corna e il resto dicono come sia una saggezza di un genere diverso, naturale, che qui si rivela, una saggezza innata. Un fanciullo-vecchio e un vecchio-fanciullo che "sa", consapevole che ogni saggezza umana è, in fondo, inutile: " Tutto ritorna, e la saggezza è vana " dice a chi li interroghi.

Ma la rivelazione non provoca disperazione: provoca solo riso e danza. Pan è il dio che "ride", danzando da un piede all'altro, nella leggerezza del fanciullo che sa come tutto sia solo un gioco: è il dio dell'anello, il dio della gioia che ritorna su sé e diventa circolare, si piega in un cerchio perfetto, simbolo dell'"eterno ritorno", immagine stessa dell'eternità diffusa su tutta la terra.

Pan è il dio che danza eternamente, nell'universo di cui egli è l'unico abitatore.

"Pan" infatti significava anche "molteplicità", come dal diramarsi delle sue corna, cosicché egli in natura non è unico, ma si frammenta in una molteplicità illimitata di Satiri, Sileni, Panisci e tante altre entità simili, che riflettono all'infinito la sua immagine proiettata sul mondo terrestre. Ciò è all'origine del carattere diabolico attribuitogli dai primi Cristiani, identificandolo con lo stesso "Diavolo", rappresentato appunto in forma di Satiro o Ariete, in quanto egli è colui che divide, separa, contrariamente a Dio, che è invece colui che riunisce, concilia, avvicina a sé.

Gli occhi di Pan sono ferini, ma pieni di una saggezza nascosta, il viso è insieme bestiale e umano, destando repulsione, unita però a uno strano fascino. Il petto villoso, la schiena, le braccia sono umane, ma le gambe e i piedi sono animali.

La coda rappresenta le profondità arcaiche, le sue origini naturali, animali, l’oceano dell’inconscio in cui attinge la sua coscienza. La sua forma fallica, dall'altra parte, ricorda la natura ermafrodita e feconda del dio, dotandolo nel contempo del "doppio fallo", simbolo della doppia virilità materiale e spirituale, di colui che è uomo anche interiormente (la coscienza del Sé).

Ragion per cui, come simbolo di resurrezione egli, come Priapo, era raffigurato sulle tombe.

La parte inferiore di Pan, ferina, termina in un paio di zoccoli di capro, con cui egli percuote la terra nella sua danza (da cui gli appellativi di "Conisalo" ovvero "colui che agita la polvere" e "Ticone" "colui che colpisce"), significando che egli è colui che scuote la realtà materiale e le da l'impronta, sigillandola con la sua azione spirituale, creando forme nella realtà.

La parte inferiore del corpo, animale, e quella superiore, umana, significano che la metà inferiore, oscura, del dio è immersa nella materia, attinge forza da essa, mentre quella superiore, luminosa, è la trasformazione e rettificazione della prima, riunendole in una sintesi che è rappresentata appunto dalla testa, di natura ibrida. La corona di sempreverdi attorno al capo rappresenta l'eternità della vita, di cui egli è il simbolo, il colore rosso delle corna e del vello sottolinea che la forza di Pan ha un carattere maschile e attivo, servendosi della natura femminile e demoniaca del Satiro per le sue azioni sul piano materiale e spirituale (le due nature in lui erano fuse in uno).
La natura demoniaca del dio, paurosa ma non necessariamente malvagia, testimonia del carattere animale, non umano, dei suoi impulsi, che però sono in sé pieni di una saggezza profonda, suscettibile di trasformazione spirituale.

Pan era rappresentato anche in atto di cacciare e amoreggiare con le varie entità dei boschi, sdoppiato talvolta in forma di satiri maschili e femminili: immagine di comodo per noi umani, incapaci di concepire in un unico essere la sintesi dei due sessi. La forma vera di Pan era più simile infatti a quella del "Diavolo" dei Tarocchi, che è appunto androgina (nella mitologia nordica è rappresentato da Loki). L'unione dei satiri maschili e femminili simboleggiava in fondo la consapevolezza del lato "solitario" del dio: essendo infatti, come Tutto, l'unica realtà dell'universo, poteva solo unirsi con sé stesso o con una immagine di sé, proiettata sulla faccia esterna del mondo.

In realtà egli esprimeva la coscienza dell'Adepto che feconda sé stessa in una forma ermafrodita a noi inconcepibile, inseparabile com'è dalla percezione interiore del "non duale", che fa sempre riferimento ad uno stato di androginità interna.

Esistendo egli solo nell'universo, non poteva avere altri rapporti che con sé stesso. Per questo Pan è anche l'inventore della sessualità solitaria, ed è rappresentato in atto di danzare, suonando un flauto di canna, simboleggiando in questo modo la forza sessuale e vitale dell'Adepto che si ripiega su sé stessa e germoglia, diventando creativa, creando armonie, come nel flauto, che rappresenta l'armonia della vita, quando è trattenuta e rettificata, spiritualizzata.

Il flauto, singolo o bicanne, oppure a forma di zampogna, di "siringa” , esprime come la forza si divida, si moltiplichi all'infinito, soprattutto nel simbolo del "Sette", come le canne della zampogna, in relazione occulta con la settuplice forma assunta dall'energia vitale (i sette Centri o Pianeti), al cui ritmo danzano le Ninfe. In questo modo l'azione di Pan armonizza il caos istintuale in una forma spirituale superiore. Il materiale dei flauti, la canna, descrive la natura vitale, biologica, di questa azione, di questa armonia, che nella compagine corporea era causata da vibrazioni prodotte dal Soffio (un simbolo dello Spirito).

La forza di Pan paralizza le Ninfe, trasformandole in oggetti inanimati, come per " Pitis " che diventò un pino, "Siringa" una canna ed "Eco" una semplice voce, perché la presenza del Tutto dissolve ogni singola individualità, che entra a far parte di lui.

La coscienza dell'Adepto ingloba tutte queste forme fluttuanti e sparse, dando loro una forma e un significato superiore.

Rappresentato in atto di vagare tra campi, boschi, monti, grotte e contrade solitarie, fuggendo gli uomini eppure proteggendo loro le bestie e i raccolti, Pan è qui la natura profonda della vita, che mantiene in sé un ordine costante e immutabile, favorendo il suo stesso sviluppo e, pur essendo il dio dell'illimitato, crea anche dei limiti: in certi casi egli era il dio dei confini, che salvavano le proprietà dal caos. Era venerato in varie forme e, come Pan, Satiro, Sileno, Priapo, Fauno, Silvano e tanti altri, era un dio veramente universale, al punto che ogni luogo aveva il suo Pan e ogni Pan i suoi Panisci. Esistevano intere famiglie di Satiri, a loro volta suddivisi in una infinità di altri: era un dio amatissimo da tutti, tranne dai Cristiani, che ne fecero il prototipo del loro Diavolo, come una forza oscura e malvagia, in relazione al sesso, da essi vissuto soltanto come peccato e perdizione.

si narra, una voce si diffuse nell'antichità: " II grande Pan è morto! " e, scomparso lui, scomparvero anche gli dèi dell'Olimpo. Le forza vitale, cioè, si era ritirata dall'uomo, togliendogli quelle possibilità di percezione sottile della realtà che prima aveva, e scomparse queste scomparvero anche gli dèi superiori, le forme di coscienza spirituale propiziate da questa realtà (da cui il mito dei Sileni "educatori" dei vari dèi). Se la presenza, la coscienza di Pan, causa nell'Adepto desiderio per le realtà naturali separate dal proprio essere e volontà di riunirle al Sé, ciò genera ugualmente attrazione per le realtà spirituali superiori e la tendenza a fluire in esse.

In tal senso Pan, come veste esterna del Principio, è rappresentato in atto di colui che guarda, scruta,  spia da dietro una siepe o un albero, simbolo della coscienza trascendente che è sempre presente in ogni suo atto, donandogli con questo un carattere di realtà spirituale identificata con la coscienza del Sé. Talvolta Pan, come Ermes, era rappresentato in forma di "Erma" o pilastrino verticale con sopra scolpita soltanto la sua testa e il suo fallo eretto, simbolo della fecondazione cosciente che egli esplica sulla realtà. Il pilastro stesso, quadrato perché stabile, è un simbolo fallico (da cui l'appellativo di "Ortane" ovvero "l'eretto") di stabilità spirituale, un segno di immortalità.

Il senso etimologico di Pan deriva dalla sua forma di Satiro, nome  che deriva dalla radice primitive "Satiros" (o "SethAries", da cui la sua forma di Capro), in cui "Sat" o "Seth" è il Sé, Dio profondo o Essere dell'uomo; mentre "iros", "aries" o "ur-jos" possiede il significato di "attività" o "fuoco primordiale". Quindi "Sat-ur-jos” significa "Attività " e " Fuoco primordiale dell'Essere ".

Da ciò deriva il "Saturnio", riferito al dio dei boschi, nel preciso senso di "nascosto", "occulto".

"Sat-umus" significava all’incirca "Essere-nascosto", nell'idea di realtà primordiale, creatrice, nascosta dietro i veli della materia (i " fuochi saturni! "). Lo stesso Saturno è detto essersi nascosto nel Lazio (da "Latium" o "Latore": "nascondere", "occultare").

Saturno, come  Pan, è il re della Età dell'Oro, nascostosi in attesa del suo prossimo ritorno sulla terra.

In forma simbolica Pan, che alchemicamente rappresenta la "materia prima", "natura che gode di sé stessa e domina sé stessa", come " Uno il Tutto " (En to Pan) è dato graficamente da un cerchio (il Tutto) con un punto centrale (l'Uno), che compongono un arcaico simbolo del Sole.

Pan è il Sole; l'ora classica di Pan, il Mezzogiorno, è anche il punto di massima intensità solare.

Inoltre la luce del sole, di uno splendore totale, androgino , è una realtà feconda e creativa, che desta la vita sulla terra e ne sveglia il desiderio. Sulla terra tutto cresce nella luce del sole, senza di lui non vi è vita: è il volto stesso di Dio.

Potremmo dire che Pan è la stessa entità che, trasformata e spiritualizzata, assume successivamente i nomi di Dioniso e Apollo.