Le statuette
magiche di Sovana
a cura di ArdathLili
Le due statuette di piombo
con iscrizioni incise furono rinvenute in una tomba della necropoli
di Sovana nel settembre 1908.
Notizie raccolte in loco dal sacerdote cattolico di Pitigliano
(Nicomede Signini) ricordano che la tomba era a camera con pianta
rettangolare e semplici banchine lungo le pareti, secondo una
tipologia corrente della necropoli.
La tomba, scoperta casualmente durante lavori agricoli, fu
parzialmente saccheggiata dai contadini, ma si poterono recuperare
notevoli avanzi del corredo vascolare originale e le due statuette,
che erano state deposte in un angolo della cella, sulla banchina.
Il materiale di corredo raccolto nella tomba comprende vasellame di
impasto bruno di produzione locale e in ceramica depurata di
imitazione corinzia, che consente una cronologia intorno al
600 a.c.
Le statuette raffigurano due personaggi nudi, un uomo e una donna,
con le mani legate dietro alla schiena.
Sulla gamba destra esse recano una iscrizione onomastica incisa,
rispettivamente quella maschile, ZERTUR CECNAS, quella
femminile, VELIA SATNEA.
In base allo stile e alla paleografia delle iscrizioni, le statuette
possono datarsi nel corso del III sec. a.c.
Particolare della gamba della statuetta
femminile con l'iscrizione onomastica incisa
(Velia Satnea)
Netta è dunque la distanza
cronologica tra le statuette e il corredo della tomba. Ciò significa
che circa tre secoli dopo la chiusura della tomba arcaica qualcuno è
penetrato in essa e vi ha deposto, con intenti specifici, le due
figurine.
Poco dopo la loro scoperta esse attrassero l’attenzione
dell’epigrafista Bartolomeo Bogara, che le pubblicò nella rivista
“Ausonia” del 1907.
Nello stesso numero di questa rivista, un denso e accurato studio di
Lucio Mariani inquadrava i due piccoli monumenti nel loro particolare
contesto semantico: egli infatti riconosceva in essi un bell’esempio
di pratica magica. Infatti i due personaggi, qui inequivocabilmente
specificati nella loro individualità dal nome personale
(rispettivamente Zertur e Velia) e da quello della
famiglia (rispett. Cecnas e Satnea), sono dedicati agli
Dei sotterranei, agli Dèi dei morti: ad essi è sacro anche il metallo
con in quale sono realizzate, il piombo; in loro balia le due
persone, in effigie, sono consegnate, legate come due prigionieri.
Con le mani legate dietro la schiena, Zertur e Velia sono legati alla
maledizione (che in greco si diceva Katadesmos = legatura);
colui che subisce la maledizione non è più libero delle sue azioni,
ma è prigioniero della maledizione medesima.
In questo senso la due
statuette, per le quali non mancano pur rari confronti in altre parti
del mondo ellenistico greco-romano, ma che non sono altrimenti
attestate in Etruria, si possono considerare l’equivalente figurativo
delle tabellae defixionis, ben più diffuse in tutta
l’antichità. Si tratta di tavolette, anche in questo caso di piombo,
sulle quali è inciso un testo dove una persona “raccomanda” a una o
più divinità infernali uno o più nemici, che vengono accuratamente
menzionati con il loro nome e per i quali si elencano una serie di
terribili malanni che si auspica li colpiscano.
Due testi di questo tipo provengono anche dall’Etruria, da Volterra e
dal territorio di Populonia.
I personaggi sovanesi che hanno suscitato tanto odio in uno dei loro
concittadini, Velia Satnea e Zertur Cecnas, non erano finora
altrimenti attestati. Più di recente, nel corso della ricognizioni
dell’università di Venezia e della sopraintendenza ai beni
archeologici della Toscana, è stata rinvenuta nell’area del Melaiolo
a Sovana una inedita tomba rupestre a semidado, databile fra III e II
sec. a.c., che reca in facciata l’iscrizione:
eca suth [i
---]
zatneal
che può tradursi: “Questa
(è) la tomba di una --- zatnei”.
La nuova iscrizione
conferma che è effettivamente esistita nella Sovana della media età
ellenistica (tra sec.III e II a.c.) una gens Satnei, anche se non è
possibile affermare che la tomba ora rinvenuta al Melaiolo fosse
proprio dedicata alla Velia Satnea menzionata nell’iscrizione
della statuetta.
Si tratta dunque del monumento funerario di una donna, della quale si
conserva il nome di famiglia, Zatnei, che è il medesimo di
quello attestato sulla statuetta femminile, Satnea, data la
diffusione del fenomeno di scambio s/z in sede iniziale in
quest’aerea (ad.es. nella statuetta maschile, il prenome Zertur
rispetto alla forma più comune Setur).
Bibliografia:
Adriano Maggiani, E.Pellegrini, "Gli Etruschi di Pitigliano".
E.Pellegrini, S.Rafanelli "Recenti rinvenimenti di strutture
monumentali nell'antica città di Sovana" .
Atti del XXIII convegno di studi etruschi ed italici.
F.Fabbri, Votivi anatomici fittili e culti delle acque nell'etruria.
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