Considerazioni sulla natura del
Successo
(nel Liber Al vel Legis)
di Flavio Garzia
Il
successo é la tua prova: non persuadere; non convertire; non
parlarne troppo!
Liber Al vel Legis III,- 42.
Il
successo é la vostra prova; il coraggio é la vostra armatura;
avanti, avanti, nella mia potenza; & non vi volterete indietro per
nessuno!
Al; III, -46.
C’é
il successo.
Al; III, -69.
Per parlare del Successo, inteso
come meta indispensabile dell’individuo, si prenderanno in
considerazione i significati legati ad esso, nel senso di “Fine” e
di ”Opus”:
Fine ed Opus realizzano il Successo qui menzionato, partendo dalla
ricerca della propria Volontà all’attuazione della stessa, nella
nostra vita.
Due Vie dunque ci conducono alle
seguenti riflessioni:
Chi sono io?
In risposta all’oracolo di Delfi: “Conosci tè stesso “ΓΝΩΘΙ
ΣΕΑΥΤΟΝ”
Qual è la mia Grande Opera?
“Tutti sono uguali poiché ad ognuno è dato un Daimon, ma nessuno è
uguale perché ognuno ha la sua direzione-moto interiore.
Qual è il senso della vocazione? è
la nostra missione qui su questa Terra; non il significato della
vita o della mia, personale e individuale
vita, ma il moto interiore che anima la mia individualità,
la mia essenza più vera e profonda.
Questa Grande Opera è chiamata anche
Conversazione col Santo Angelo-Demone Custode.
Poiché, dunque, ciascun essere ha
una sua propria natura, è necessario che questa natura sia
soddisfatta. In realtà, la natura del successo è la stessa della
realizzazione dell’Opus; seguendo l’Ethica che appaga il Daimon,
quindi, realizziamo noi stessi. Ethica e non Etica perché ethos è
privo di moralità alcuna, ciò che facciamo ed il come, manifesta
cosa siamo:
“Tu sei il modo come sei”
Eraclito
Il carattere (Ethos) è collegato al
Daimon, nel senso che la sua realizzazione è posta nelle nostre
mani, e non il contrario.
Ci viene anche detto nel commento
chiamato D: Liber Djared:
Volontà e i suoi possibili difetti:
Lo scopo calma la pura volontà:perché implica il pensiero conscio,
il quale non dovrebbe rimpiazzare ciò che vuole la Natura. Il lavoro
viene svolto meglio se la mente non sa nulla di esso, e né lo
affretta, né lo controlla. Anche la brama di risultato rovina
il lavoro; non si devono distrarre le proprie forze dal compito con
pensieri sul profitto del successo.
Se si paragona questo con il famoso
passo della Bagavad Gita:2.63:
Pensare alla brama di risultato crea
attaccamento, dall’attaccamento nasce il desiderio, dal desiderio
nasce la collera, dalla collera l’illusione, dall’illusione la
perdita della memoria (del vero sé) dalla perdita della memoria
deriva la rovina delle facoltà discriminative da cui ne consegue
l’annientamento (della vita spirituale).
…Troviamo ben poche differenze.
Il “perché” è il centro del nostro
essere da cui può svelarsi l’immagine della nostra anima relegando
il “come” al carattere dell’individuo. Non si può spiegare il
destino con la biologia, ma lo si può intuire attraverso l’Opus che
domina il nostro essere. Tutto ciò è spiegato nel mito di Er
nella Repubblica di Platone:
Prima della nascita, la nostra anima
sceglie un immagine e riceve un Daimon con cui attraversare la
Terra.
Ciò comporta che la nostra Vocazione
è scelta dal Daimon quale sua forma espressiva o genio, e non una
scelta razionale del carattere che distingue in base alle sue
esperienze dettate dalla sua storia ed ambiente personale:
Appena le anime giunsero …, un
araldo le mise in fila per presentarle a Lachesi. Quindi, prese
dalle ginocchia della Moira delle sorti e dei modelli di vita,
annunciò:
Parole della vergine Lachesi, figlia
di Ananke:
“anime, che vivete solo un giorno (ephemeroi)
comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice
di morte (thanotephoron). Non vi otterrà in sorte un daimon, ma
sarete voi a scegliere il Daimon. E chi viene sorteggiato per primo
scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La
virtù (arete) è senza padrone (adespoton) e ciascuno ne avrà di più
o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di
chi sceglie; il dio (theos) non è responsabile.” [617d]
La
Repubblica di Platone
Nella mitologia greca, il Daimon è
la creatura divina che presiede alla sorte di ciascuno. Ma in questo
racconto, quello che siamo - dichiara l'araldo - dipende
essenzialmente dalle scelte che facciamo.
Anche Plotino avvalla il mito
affermando che noi da soli ci siamo scelti il corpo, la famiglia, il
tempo e le condizioni della nostra nascita in base alla necessità;
necessità di compiere un percorso anche difficile ma che realizza se
stesso pienamente.
Questo Daimon che ci accompagna ha
preso molti nomi ma noi (nel Thelema) lo chiamiamo Santo Angelo
Custode.
La vocazione si esprime in molti
modi visibili come ostinazioni, fascinazioni, voglie improvvise che
mirano a far emergere il Daimon che ci abita. Il nostro angelo ci
spinge alla vocazione senza passare per gradi, vuole tutto e subito
e senza intermediari, per questo fin da bambini ci sentiamo
onnipotenti, senza esser e in grado di realizzare subito. Quando
arriva la chiamata essa viene ad alta voce ed in modo peculiare alla
persona in questione.
Adler si trova ad affermare che gli
scompensi vissuti in giovane età si trasformano in stimoli a
realizzazioni superiori; ma queste realizzazioni anziché farle
pervenire dalla vocazione vengono fatte risalire da degli scompensi
e quindi dal basso verso l’alto, anziché dal dentro verso fuori come
qui si vuole dimostrare.
Meglio della “Compensazione” risulta
la teoria della Motivazione di Albert Rothenberg:
costui afferma che l’unico elemento
presente in tutti è la motivazione, motivo-trama-opus
dell’uomo.
Ci sembra inutile categorizzare il
“comune” come bene e il “fuori dal comune” come male quando invece
è proprio questo lato straordinario che apre le porte verso la
comprensione.
Dobbiamo amare questa vocazione, far
parte di essa e realizzarla nel massimo grado, così realizziamo noi
stessi e diveniamo completi, veri, “sani”. Viceversa, se facciamo
finta di non sentire la sua Voce, egli è costretto ad urlare per
farsi ascoltare e ci porta lontano dalla comprensione della vita.
Questa comprensione passa dal Mito
perché l’angelo custode appartiene al mondo del mito, leggere dunque
il mito della mia vita trasforma la biografia, che è una serie di
racconti scanditi dal tempo lineare,
in qualcosa di immortale, unico, romantico.
Kabalisticamente assistiamo qui alla
discesa dell’Angelo (Kether) sulla Terra (Malkuth), ecco che perfino
lo Zohar parla della “discesa” necessaria e la “promessa” (l’arco
della promessa) della risalita.
Dalla prima all’ultima Sephirah la
manifestazione si addensa e si concretizza sempre più, ecco che
l’Albero della Vita ci mostra chiaramente che per crescere (salire)
dobbiamo “scendere”, cioè manifestarci nella nostra essenza.
Nel suo libro “il codice
dell’anima” Hillman spiega bene la superstizione parentale quale
scappatoia per nascondere ciò che sarebbe inspiegabile dalla
psicologia, spesso sentiamo le parole “ereditario, genetico,
inconscio”, come fenomeni presi di sana pianta dal nostro albero
genealogico, ma quanti di noi si sentono affini interiormente coi
propri genitori?
Quanti sentono davvero una
contingenza interiore e spirituale con la propria famiglia? Non è,
anzi, spesso il contrario?
“Finché giudichiamo le persone in
base al loro salario, o da una specifica competenza, non vedremo il
loro carattere. La messa a fuoco della nostra lente è calibrata su
valori medi che la rendono adatta a individuare, semmai, i mostri”
J.Hillman
Dobbiamo invece creare spazio al
Daimon o Genio Superiore per farLo manifestare qui, e questo deve
anche passare per il “riconoscimento” della famiglia o del clan o
della tribù a cui apparteniamo.
I nostri veri genitori non sono
uomini comuni ma Dei pronti a riconoscere la nostra Deità, a loro
vadano la nostra lealtà e la nostra riconoscenza per essere qui.
L’Intuito è quella qualità che ci fa
capire il Mito al di là delle parole, ed attivare in noi la capacità
di Scendere, quindi vivere, al di là delle nostre convinzioni
dettate dal momento.
Ma questo risalire all’Invisibile, e
quindi all’Angelo, oggi spaventa più che mai, poiché ci è stato
insegnato che è veritiero il visibile ed il concreto, pur sapendo
che le scienze tutte oggi affermano che la radice dell’esistenza è
“l’infinito invisibile”.
“Non conosco altro che la santità
degli affetti del cuore e la verità dell’Immaginazione”.
John Keats
L’introspezione terapeutica è valida
sino ad un certo punto perché una mente che indaga se stessa non
trova l’anima, dunque la nostra vocazione non va ricercata
mentalmente, ma guardando come interagiamo con ciò che ci circonda
fuori e dentro di noi.
Uno degli elementi importanti è la
creatività, come ed in che modo siamo creativi? Verso cosa? Cosa
sogniamo?
“La fantasia è l’asino che conduce
all’arca” Butler
Per far crescere la nostra vocazione
è importante coltivare tutte quelle azioni che ci ispirano, non
esiste qui la regola, ma per ognuno di noi c’è un cibo dell’anima
che ci soddisfa, potrebbe essere un libro, una vacanza, un gioco,
(ri-prendiamoci i nostri stimoli!).
Il soprannome o il nome magico
contiene già un seme del nostro Daimon, poiché è ciò che si palesa
di fronte a tutti gli altri.
Non possiamo avvallare nessuna
cultura che delega al margine l’invisibile perché è da ciò che il
visibile viene.
I fatti dicono qualcosa di me,
soprattutto del mio carattere, ma le favole che racconto parlano
del mio vero essere, del Daimon che mi abita.
Il linguaggio del mito compone in
immagini ciò che il linguaggio concettuale espone in frasi.
La scelta che fa il Daimon che abita
in me, quindi, non rende ciò fatalista, ma bensì possibile, in
quanto le nostre azioni hanno possibilità d’espressione con noi, ma
siamo sempre noi che le dobbiamo attuare.
Se aspettiamo che il Fato svolga il
suo compito ci rassegniamo all’idea di un determinato, ma il fato
viene sempre con lo straordinario, mai con l’ordinario, ecco perché
è importante prestare attenzione a quegli eventi straordinari della
nostra vita come auspici divini.
Di fatto, il fato = moira = mer =
considerare,
Considerare cosa? Quale parte della
mia vita è causa delle mie azioni e quale invece c’è a posteriori
dalla mia volontà.
L’idea di telos
spiega bene questa importanza a ciò che accade, per necessità di uno
scopo più grande, telos conferisce valore agli eventi, un valore
d’istruzione.
Questa Necessità si chiama Ananke, e
insieme a Ragione (nous) formano le forze che ci creano, come dice
Platone.
Ragione risponde a ciò che è
ordinario e all’intelletto, Ananke risponde per tutto il resto.
Ragione e irragionevole necessità.
Questa Chiamata offre la
Trascendenza senza la cui non possiamo dare sfogo alla vocazione.
Nel caso di Aleister Crowley, ad
esempio, troviamo anche l’elevazione del profano attraverso gli atti
più profanatori immaginabili e ciò aumenta la sua potenza fino a
renderla indistinguibile dal sacro.
Tutto diede il Crowley al suo
Daimon e se questo lo ha trascinato per tutto il mondo con una sete
insaziabile, ciò è dovuto alla vocazione e poi alla chiamata che il
Profeta di Thelema non ha saputo tradire.
Ma non dobbiamo tenere a mente solo
le grandi storie di personaggi che hanno eccelso in qualcosa per
capire la nostra vocazione, poiché la mediocrità non esiste, ma solo
l’unicità di ogni essere umano, ciascuno è singolo, individuale,
eterno.
La vocazione non è un attività che
svolgiamo, ne’ il talento che il carattere possiede, io non sono il
mestiere che faccio, oppure sì, ciò non importa, ma come uomo posso
decidere di utilizzare a mio vantaggio il mio lavoro, anche se
questo non mi rappresenta.
Bisogna sottolineare che il Successo
della Vocazione, o Genio, non è un caso singolo su milioni di
fallimenti, poiché per molti la vocazione è di porsi al servizio
dell’umanità, per altri la propria via s’identifica con l’armonia
con l’uomo e non attraverso una spiccata individualità che passa
anche per eccentricità.
Non tutti sono portati ad essere dei
Mozart, o dei Van Gogh ma si può essere egualmente soddisfatti del
proprio lavoro nella vita come un ottimo musicista, un buon pittore,
quello che conta è che faccio ciò che voglio veramente, senza pormi
in confronto con i più riconosciuti maestri d’arte.
Ognuno deve fare la sua cosa, che
spesso non è una ma molte.
Per Successo non s’intende l’unica
via di fuga alla mediocrità, o l’inflazionata idea di competizione
tipica di questa cultura decadente, ma bensì il compimento della
propria vocazione:
“L’anima non è mai mediocre”
Cicerone
Ecco perchè ci viene detto nel
commento del Liber Legis, “La Legge è per Tutti” che la vera natura
di Hadit è successo e gioia:
“Il Mago non dimentichi neppure per
un secondo quello che è il suo solo grande compito. Il suo io'(così
lo considera, assurdamente) non iniziato è una turba di donne
selvagge, rese isteriche dall'istinto animale, incompreso e
insaziato; esse sbraneranno Penteo, il re solamente umano che
presume di reprimerle; la sua stessa madre, la Natura, sarà la prima
a balzargli alla gola! Soltanto Bacco, il Santo Angelo Custode, può
essere il Dio di questa turba di folli; egli solo può trasformare la
canaglia disordinata in un corteo dagli armoniosi movimenti,
intonare gli ululati da iena in consonanza con un peana, la rabbia
irragionevole in un'estasi controllata da questo Angelo dalla natura
doppiamente duplice, che può partecipare a ogni sacramento”.
Flavio Garzia
Opus: latino: “De
finibus bonorum et malorum” - “Orma”
Albert
Rothenberg: I personaggi eminenti la cui vita mostra gli
esempi più notevoli di vocazione sono caratterizzati,
secondo lo studio sulla creatività condotto da Albert
Rothenberg, da un fattore sopra tutti gli altri. Dopo aver
esaminato e scartato l’intelligenza, il temperamento, il
tipo di personalità, il grado di introversione,
l’ereditarietà, l’ambiente infantile, l’ispirazione, l’ossesione…l’unico
elemento veramente generale, presente in tutti, è la
motivazione”.
Telos:
“Scopo finale” – “obiettivo della perfezione”
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